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Fundamina

versão On-line ISSN 2411-7870
versão impressa ISSN 1021-545X

Fundamina (Pretoria) vol.20 no.2 Pretoria  2014

 

Profili di romanisti: i molteplici talenti di Lucio Bove

 

 

Luigi Labruna

Dr. Dr. h.c. mult., Professore emerito di diritto romano nell'Università di Napoli "Federico II"

 

 


ABSTRACT

This paper draws the academic and scientific portrait of the Neapolitan Romanist Lucio Bove. It is part of a series of profiles of nineteenth-century Roman-law scholars on which the author has been working with the aim to contribute to a minor history of the studies and the scholars of Roman law during the second half of the twentieth century in Italy. The study is dedicated with deep friendship to Laurens Winkel, who has always paid special attention to the individual profiles of ancient, modern and contemporary jurists, and with whom the author has had the great privilege of working in these recent years in the International Jury of the Boulvert Prize, appreciating his poise, knowledge, and great humanity.


 

 

A Laurens Winkel - indagatore felice della scienza giuridica antica, particularmente attento anche ai profili individuali dei giuristi non solo romani - con il quale in questi anni ho avuto il privilegio grande di lavorare insieme nella Giuria internazionale del Premio Boulvert, apprezzandone l'equilibrio, la sapienza, la grande umanita, dedico con profonda amicizia questo che si inserisce in una serie di "profili" di romanisti del Novecento che da tempo vado studiando, alcuni dei quali sono stati gia editi in vari luoghi e che spero di pubblicare un giorno, riveduti, tutti insieme per contribuire alla ricostruzione di una storia minore degli studii e degli studiosi del diritto romano nella seconda meta del Novecento in Italia.

"Lucio? Lucio é intelligentissimo"1. Questa frase la sentii la prima volta nel 1955 (o ad inizio '56). Avevamo appena superato la prova scritta e orale col professor Guarino per essere ammessi, dopo aver superato gli esami di Istituzioni e di Esegesi del diritto romano, come "allievi interni" (5 all'anno su 800 iscritti) negli Istituti Giuridici ed eravamo appollaiati su due scalotti vicini Vitaliano Esposito, poi divenuto procuratore generale della Cassazione, e io, allora entrambi studenti del secondo anno di Giurisprudenza, nella sala IV degli Istituti giuridici, intenti a sistemare físicamente negli scaffali alti i libri che un annoiato Angelo Ormanni ci passava da terra dopo che erano stati schedati da Francesco Guizzi (poi vicepresidente della Corte costituzionale) e Bove. A pronunciare quella frase (che avrei sentito poi un sacco di volte negli anni avvenire) era stato il professor Lauria, che degli Istituti era il dominus e che si rivolgeva a due delle assistenti che lo aiutavano fedelmente nella didattica, agli esami e, all'occorrenza, nella gestione della biblioteca.

Quella asserzione ("Lucio é intelligentissimo") é rimasta impressa nella mia memoria non solo perché l'ho sentita piú volte, ripetuta anche in perfetto tedesco ad Amburgo durante un seminario, per tanti versi memorabile, che il professor Lauria tenne nel 1961 o '62 all'Istituto del professor Kaser alla Feldbrunnenstrasse in cui illustro le sue tesi in contrasto con le opinioni comuni ("arditissime" diceva Bove) sul sistema dell'ordo iuris, che poi avrebbe esposto in un suo mitico corso di Pandette (Ius Romanum 1.1) del 1963. Quella definizione la ricordo sempre (mi impressionò) perché la convinzione del professor Lauria sulla intelligenza come prima fra le doti di Lucio Bove appariva molto convinta, spontanea e precocemente radicata al punto che l'aveva espressa giá nel 1953 nel dare alle stampe l'edizione definitiva del bellissimo corso sulle Possessiones in etá repubblicana che studiai per l'esame di Diritto romano. Leggendo quel libro, appresi (prima ancora di conoscerlo di persona e diventarne nel tempo amico) dell'esistenza di quello straordinario "studente mio giovanissimo, Lucio Bove" che prima ancora di laurearsi - scriveva il professor Lamia "mi ha aiutato nel riordinare l'intero manoscritto, nel controllo delle fonti e della bibliografia, nella correzione delle bozze, in tre mesi di lavoro assiduo, con intelligenza, precisione, devozione illimitate dall'inizio alla fine". Per il che gli esprimeva ("con soddisfazione profonda", diceva, e con altrettanta invidia di noi normali studenti) "un lieto augurio paterno".

"Talent scout inarrivabile - per dirla con il professor Guarino - che instancabilmente scopriva e si esaltava di aver scoperto giovani studiosi, salvo a deludersi forse con eccessiva amarezza (ecco il suo difetto) se non rispondevano con immediatezza alle sue aspettative iniziali", il professor Lauria, nel definire Lucio Bove "intelligentissimo" (oltre che "laboriosissimo") non esagerava. Non esagerava affatto e di Lucio Bove non fu mai deluso. Con quella sua definizione, infatti, diceva assolutamente il vero. Coglieva cioé uno degli aspetti salienti della personalitá dello studioso che qui ricordiamo e che, prima di succedergli sulla cattedra di Diritto romano ha collaborato per una vita intera con quel maestro geniale ma difficilissimo, facendo spesso, intelligentemente appunto, da tramite chiarificatore fra il suo ombroso e talvolta críptico insegnamento e la affascinata, ma non sempre idonea, attitudine degli studenti (e non solo degli studenti) a comprenderlo appieno. E anche - con ancora maggiore intelligenza, oltre che con raro equilibrio e lealtá - fra le inquiete impuntature del difficile professor Lauria e le pazienti ma crucciate reazioni degli altri due esponenti della triade di mostri sacri (Francesco De Martino e Antonio Guarino) che nella seconda metá del Novecento hanno segnato la vita, rappresentato la fortuna e determinate l'indiscusso successo internazionale della scuola romanistica napoletana. Cioé di quell'insieme di studiosi che si educo in quel laboratorio straordinario che furono congiuntamente gli Istituti giuridici e la biblioteca di Lettere tra gli anni '50 e '60 del Novecento. Epoca in cui i contatti quotidiani che si stabilirono in quelle realtá accademiche, contigue non solo per il luogo, tra gli studiosi delle due grandi Facoltá umanistiche napoletane, propiziarono appunto il formarsi di una comunitá, non solo ideale, di storici della cultura, della letteratura, della filosofia, delle istituzioni giuridiche e politiche del mondo antico che continuamente si scambiavano idee, si informavano, si correggevano, si aiutavano vicendevolmente (talvolta si avversavano) imparando a vivere con passione e speranza (sentimenti, entrambi, oggi quasi scomparsi) in una istituzione universitaria che allora era (non fingeva di essere) austera e seria; severa, ma non chiusa in sé. Al contrario, partecipe appieno (senza sbandierate internazionalizzazioni d'accatto) degli svolgimenti, non solo culturali della societá europea. Tra i giovani (o quasi) di allora, Marcello Gigante, Barbieri, Masullo, Casavola, Bretone, Cássola, Lepore, Armando Salvatore, Garzya, Monti, Grelle, Gino De Giovanni, Franciosi, Nazzaro, Guizzi, Tessitore, Flores, Mozzillo, piú tardi Polara, Tullio Spagnuolo Vigorita, Amarelli e certo ne dimentico molti. Alcuni piú distaccati nel tratto, altri piú semplici e cordiali, sobri o intemperanti. Tutti pero estoniamente presentí nelle discussioni e non solo alle lezioni o durante i seminari tenuti da quelli che erano i grandi maestri di allora: Arnaldi, Lauria, Battaglia, De Martino, Sbordone, Piovani, Guarino (e anche qui, certo, ne dimentico tanti).

Bene. Di quella comunitá entro a far parte a pieno titolo, appena laureatosi nel '54, Lucio Bove, che, oltre ad essere nominato súbito assistente dal professor Lauria, fu immediatamente coinvolto dal professor Guarino, nella fondazione di Labeo, il prestigioso periodico che prese l'avvio nel 1955, "con la simpatia e il sostegno morale di Arangio-Ruiz, Solazzi, Lauria e De Martino", ma nel quale - ricorda con una metafora delle sue Guarino - "sul terreno, a misurare metro a metro le zolle e predispone struttura e funzionamento fummo in sei": Guarino stesso, Casavola, Bretone, Mozzillo, Ormanni e Lucio Bove che ne fu efficacissimo e laborioso redattore sin dal primo volume (in cui pubblico, a p. 173 ss., un interessante articolo su Gli effetti del deposito della cosa dovuta, e inoltre, a p. 214 ss., una recensione al libro, all'epoca appena pubblicato con prefazione di G. Le Bras, dell'abbé Jean-Marie Aubert dedicato allo studio dell'influenza del diritto romano nell'opera di San Tommaso d'Aquino, oltre a varie cronache) e che, in seguito, divenne autorevole componente del "Comitato scientifico", sino al 2004, anno in cui Labeo ha purtroppo cessato le sue pubblicazioni (e anche quel cinquantesimo, e ultimo, volume, che dedicammo a Guarino nonagenario, ospita, a p. 44 ss, un suo dotto articolo su Le leges Libitinariae e gli appalti pubblici).

Già dagli scritti che or ora ho citato appare evidente un'altra delle grandi doti di Lucio Bove studioso: la pluralitá dei suoi interessi, la estrema sua versatilità.

Il saggio del 1955, infatti, affronta con intelligente uso delle fonti giuridiche classiche e giustinianee, interpretate con lodevole equilibrio, un difficile tema di diritto privato delle obbligazioni, con significativi risvolti di carattere pubblicistico.

La lettura critica minuziosa del trattato dell'Aubert sulla vita, gli studi e il pensiero del Doctor Angelicus e sulla sua posizione rispetto al diritto romano (citato e utilizzato nella sua opera ben piú di quanto fosse usuale tra i suoi contemporanei, si pensi, ad esempio, a San Bonaventura), affronta insieme temi canonistici, di storia delle fonti e della tradizione romanistica e romano-barbarica nel Medioevo e questioni metodologiche non poco delicate.

Il saggio sulle leggi libitinarie, infine, é incentrato sull'analisi di testimonianze epigrafiche puteolane di grande interesse: una lex parieti faciendo di fine secondo a.C. e una lex libitinaria databile tra il primo avanti e il primo dopo Cristo, fonti che si riferiscono a quel settore di iniziative economiche pubbliche che gli amministrativisti oggi configurerebbero come "esecuzione di opere pubbliche" ovvero "prestazione di servizi pubblici" ed offrono un vero e proprio schema di quelle che a Pozzuoli, a Capua (e verosimilmente non solo li) dovettero essere le modalitá adottate e le condizioni osservate per l'affidamento a privati da parte della comunitá cittadina tanto della materiale esecuzione di un'opera pubblica (come nel caso della lex parieti faciendo) quanto della prestazione di servizi di interesse pubblico (quali l'effettuazione dei funerali ecc.).

Partito dunque dallo studio prevalente delle fonti giuridiche classiche e di temi fondamentalmente di diritto romano privato - la prima monografía, che gli valse la libera docenza in diritto romano nel 1960 ebbe ad oggetto il regime giuridico controverso, che egli cerco di dimostrare "unitario", degli agri vectigales (sia di quelli che facevano parte dell'ager publicuspopuli Romani ed erano concessi a privati attraverso locationes censoriae, sia dei terreni di proprietá di civitates, templi, collegi sacerdotali ecc. la cui concessione percio era probabilmente regolata dalle stesse norme di diritto sostanziale e processuale che disciplinavano l'attivitá negoziale dei privati) - Bove passo alla trattazione di un tema molto impegnativo, di carattere non solo storico-giuridico, su cui aveva svolto a suo tempo (relatore Lauria) la tesi di laurea e che implicava una forte attenzione alle fonti extragiuridiche: la consuetudine in diritto romano, su cui pubblico nel 1971 un primo (ed unico) volume, con la specificazione "I. Dalla Repubblica all'eta dei Severi". Tema da lui ripreso molto tempo dopo, quando si rese promotore presso il Dipartimento di Diritto romano e storia della scienza romanistica della nostra Universitá di uno stimolante convegno interdisciplinare in cui intervennero tra gli altri, insieme con i romanisti napoletani, Giuseppe Abbamonte, Benedetto Conforti, Pietro Rescigno, Mario Talamanca e i cui atti furono pubblicati, con una prefazione di Lucio e a sua cura, in un volume intitolato Prassi e Diritto. Valore e ruolo della consuetudine (Jovene, 2008).

Altro (e diverso) tema al quale egli dedico speciale attenzione é stato quello che in modo improprio alcuni romanisti (non lui) definiscono "diritto commerciale romano". Se ne occupo, su mia richiesta, nel 1987 scrivendo un'acuta Nota di lettura per la ristampa in "Antiqua 47" del classico, introvabile corso di lezioni "dettate nella R. Universitá di Napoli" nell'anno "scolastico" 1902-1903 da Carlo Fadda su gli Istituti commerciali del diritto romano. Argomento su cui Lucio torno pubblicando, ancora su mio invito, in Index 18 (1990) 223 ss. una comunicazione svolta all'Universitá di Paris II su la Pratique du commerce et droit a Roma, che poi, nel 1993, premise in versione italiana al volume Nautae e mercatores. Iura, leges, negotia, frutto del corso di Pandette da lui tenuto ormai da titolare della disciplina dal 1987-1988 nella nostra Facoltá "su vicende e rapporti connessi con l'attivitá armatoriale e l'esecuzione dei trasporti marittimi (di persone e di cose) nel più ampio quadro dell'esercizio del commercio, anche internazionale, nel mondo romano".

Naturalmente, in quel corso (e nel volume ora citato ve ne é documentazione testuale esplicita) riprese, approfondi e amplio le sue analisi intorno al corpus delle tabulae Pompeianae riportate alla luce nel luglio del 1959 durante gli scavi per l'ammodernamento dell'autostrada Napoli-Pompei a Murécine. Fondo prezioso, da Bove esplorato, controllato, riordinato e munito di un utilissimo commentario giuridico dopo le prime importanti, ma parziali decifrazioni compiute da Giovanni Onorato, Carlo Giordano e soprattutto Francesco Sbordone, in due volumi, apparsi a cinque anni di distanza l'uno dall'altro, dedicati rispettivamente alla documentazione processuale e a quella negoziale. Con il primo (Documenti processuali delle tabulae Pompeiane di Murécine [1979]) vinse il concorso alla cattedra di Papirologia giuridica e fu chiamato come straordinario a Napoli nel 1979, con il secondo (Documenti di operazionifinanziarie dell'archivio dei Sulpici [1984]) ottenne nel 1984, da una Commissione formata da Casavola, Gualandi e Capogrossi Colognesi, la promozione ad ordinario nella stessa disciplina.

Non occorre sottolineare come queste sue felicissime ricerche rappresentino un'ulteriore prova delle proteiformi attitudini di Lucio Bove, che riscosse peraltro grande successo anche nell'esercizio della professione forense, iniziata con l'iscrizione nel 1957 all'albo dei Procuratori legali presso il Tribunale di Napoli e la pratica presso lo studio legale del professor Guarino, allora nel grattacielo di via dei Fiorentini, per proseguire (dopo l'iscrizione all'albo degli Avvocati nel 1963) con il passaggio presso l'avv. Luigi Porzio, insieme ai cui figli, Mario e Vittorio, poi fondo un fortunato studio legale ancor oggi operante a Napoli, Milano, Genova, Ravenna.

All'esercizio delle professione di avvocato Lucio Bove (insignito nel 1998 della medaglia d'oro al merito forense) si é dedicato intensamente per tutto l'arco della vita, occupandosi soprattutto di diritto della navigazione, diritto commerciale e diritto civile e pubblicando tra l'altro nel Trattato di diritto privato diretto da Pietro Rescigno (vol. I, t. 2 [1999] 869 ss.) la sezione su Il matrimonio civile. Avvocato di successo - ha scritto di lui Alessandro Corbino - "Lucio Bove ha sempre saputo far convivere la brillante sua attività professionale con altissimo, e testimoniato, senso di appartenenza alla comunità universitaria". É anche per questo che oggi lo ricordiamo, a ottant'anni dalla nascita, con rimpianto.

 

 

1 È la traccia dell'intervento introduttivo pronunciato il 3 giugno 2013 presso l'Accademia Pontaniana in Napoli nel Seminario di studii volto a ricordare "Lucio Bove a ottanta anni dalla nascita". La bibliografía di Lucio Bove é in corso di pubblicazione in Index 42 (2014).

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